
Accessibilità digitale: una responsabilità sociale
Cos’è davvero l’accessibilità digitale?
Accessibilità digitale significa progettare contenuti, servizi e tecnologie in modo che tutti, ma proprio tutti, possano fruirne senza ostacoli. Non è una questione di estetica o di “buon cuore”. È una questione di diritto. Significa garantire che l’esperienza digitale sia equa e usabile anche per chi, a causa di disabilità o condizioni temporanee o permanenti, non può interagire con un sito come farebbe l’utente medio.
Chi sono questi utenti e quali problemi incontrano?
- Disabilità visive: chi non vede o ha una visione ridotta ha bisogno di lettori vocali, contrasti cromatici elevati, testi alternativi per le immagini. Un sito senza alt text o con layout visivamente caotici è praticamente un muro.
- Disabilità uditive: un video senza sottotitoli o una spiegazione chiave solo in formato audio esclude chi non può sentire. Fine del servizio.
- Disabilità motorie: chi non può usare un mouse ha bisogno di una navigazione tramite tastiera. Siti con elementi non selezionabili da tastiera o con menu a comparsa non gestibili diventano inaccessibili.
- Disabilità cognitive: layout troppo complessi, linguaggio tecnico, mancanza di indicazioni chiare confondono e frustrano. L’utente esce.
- Neurodivergenze (es. ADHD, autismo, dislessia): animazioni non disattivabili, sovraccarico informativo, mancanza di struttura logica possono rendere l’esperienza digitale opprimente.
- Anziani: meno abituati alle interfacce moderne, con tempi di reazione diversi. Un sito senza gerarchia chiara o con comandi ambigui è esclusivo nel senso peggiore.

Accessibilità: un investimento che ripaga
Fare un sito accessibile non è solo una buona azione. È una strategia intelligente:
- Customer base più ampia: piú utenti = più conversioni.
- Brand reputation: sembrare etici fa figo, esserlo ancora di più.
- UX migliorata: una struttura chiara e leggibile fa bene a tutti.
- SEO potenziata: più leggibilità = più tempo sul sito, meno bounce.
- Responsabilità sociale (ESG): dimostri che il marketing può essere anche umano.
- Aumento delle conversioni: includere chi ha una disabilità significa aumentare il potenziale di acquisto. In Italia, le persone con disabilità rappresentano un potenziale di spesa annuo di oltre 40 miliardi.
La normativa europea
Dal 28 giugno 2025 entra in vigore l’European Accessibility Act (EAA). Una direttiva che non si limita a consigliare l’accessibilità digitale: la impone. E con sanzioni serie.
Se nel 2004 l’Italia aveva già promosso una legge in favore dell’accessibilità digitale (Legge Stanca), quella che arriva ora è una valvola molto più stringente, che si estende anche a soggetti fino ad ora esclusi: tutte le imprese, pubbliche o private, con 10 o più dipendenti o un fatturato annuo superiore a 2 milioni di euro. Ne rimangono escluse, per ora, le piccole realtà sotto questa soglia. Ma questo non significa che siano libere di fregarsene.
Anche i piccoli devono pensarci
Una microimpresa che gestisce un sito per prenotare consulenze, una scuola di danza, un e-commerce locale: tutti devono iniziare a vedere l’accessibilità non come un optional, ma come un criterio di base. Perché l’inclusione è un valore che non dipende dalle dimensioni aziendali.
Chi ha una disabilità non fa differenza tra big brand e PMI: se non può accedere, si sente escluso lo stesso. E in quanto cittadino civile ha la facoltà di denunciare.
Da dove si comincia? Con la Dichiarazione di Accessibilità
È il primo step per mettersi in regola, ma anche un gesto concreto di trasparenza. Deve contenere:
- descrizione del servizio in formati accessibili;
- spiegazioni per comprenderne il funzionamento;
- dichiarazione su come vengono rispettati i requisiti;
- sistema di feedback chiaro e sempre attivo.
Cosa fare subito: checklist per ogni nuova pagina o sito
Azioni base da fare ogni volta:
- usare tag semantici corretti (h1, h2, p);
- inserire alt text significativi per ogni immagine;
- garantire navigazione da tastiera e screen reader;
- evitare blocchi modali o popup inaccessibili;
- usare colori accessibili e contrasti forti;
- prevedere trascrizioni per i video e sottotitoli.
Priorità eventi:
Alta
struttura del codice, navigazione da tastiera, contrasti, alt text, form accessibili.
Media
contenuti alternativi audio/video, ordine logico.
Bassa
animazioni, microinterazioni, dettagli estetici.
L’accessibilità non è una moda. È umanità.
In un’epoca in cui si parla tanto di inclusività, la verità è che la vera inclusione parte dal codice. Non è solo una questione di disabilità: è una questione di normalità. Le neurodivergenze non sono anomalie. Sono espressioni legittime della diversità umana. Progettare pensando anche a queste realtà significa essere davvero parte di un’evoluzione sociale.
Se hai letto fin qui, sei già parte del cambiamento. Ma la consapevolezza va trasformata in azione. Perché l’accessibilità non è un plugin. È una scelta di campo.
E se vuoi iniziare da qualche parte, sappi che puoi sempre farlo con noi